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ll ruolo dell’Italia all’Unione Africana (OUA)

  1. Il rapporto tra ONU e UA
  2. La posizione comune africana riguardo alla riforma del CdS ONU (Ezulwini Consensus)
  3. La Commissione Economica per l’Africa delle Nazioni Unite (UNECA)

 

Il rapporto tra ONU e UA

Il Capitolo VIII della Carta ONU (https://treaties.un.org/doc/publication/ctc/uncharter.pdf) prevede la possibilità che siano costituite Organizzazioni Regionali che perseguano i principi e le finalità dell’ONU. L’art. 53 della Carta prevede in particolare che il Consiglio di Sicurezza possa servirsi di tali organizzazioni per mettere in opera azioni impositive (enforcement action) delle sue disposizioni; ovviamente tali azioni devono essere previamente autorizzate dallo stesso CdS. L’Unione Africana ricade nella categoria della Organizzazioni regionali previste dal Cap. VIII e, come si è visto nel capitolo 7 della Parte I di questo sito web, essa conduce operazioni di sostegno alla pace (AMISOM per esempio) che sono autorizzate dal CdS ONU.

La cooperazione tra le due organizzazioni cominciò nel 1990, quando l’ONU e l’allora OUA la formalizzarono con un accordo di cooperazione. Da allora, l’OUA prima e l’UA poi ha lo status di osservatore presso l’ONU, il Segretario Generale ONU partecipa sempre, direttamente o tramite un suo delegato, al Vertice di inizio anno dell’UA, mentre il Presidente della Commissione UA partecipa all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA), che si svolge ogni anno a settembre a New York. Inoltre, ogni anno si tiene, di solito a maggio, una Conferenza ONU-UA; l’ultima ha avuto luogo a New York il 6 maggio 2019. Dal 2010, l’ONU ha una sua missione diplomatica presso l’UA (United Nations Office to the African Union – UNOAU – https://unoau.unmissions.org/), guidata dal 2018 dall’Ambasciatrice Hanna Tetteh, Rappresentante Speciale del Segretario Generale (SRSG) ed ex-Ministro degli Esteri del Ghana[1].

Dal 2006, ONU ed UA hanno stipulato accordi di partneriato decennali per coordinare la loro collaborazione. Attualmente è in vigore, per il decennio 2017-2027, la PAIDA “Partnership on Africàs Development and Integration” (https://www.un.org/en/africa/osaa/advocacy/paida.shtml), che mira ad allineare l’attuazione dell’Agenda 2063 dell’UA con quella dell’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, cui ha fatto seguito nel gennaio 2018 la struttura congiunta per l’attuazione delle due agende (https://www.uneca.org/publications/au-%E2%80%93-un-framework-implementation-agenda-2063-and-agenda-2030). In aggiunta alla PAIDA, nell’aprile 2017 il SG ONU e il Presidente della Commissione UA hanno firmato la “Joint UN-AU Framework for Enhanced Partnership in Peace and Security” (https://unoau.unmissions.org/sites/default/files/jount_un-au_framework_for_an_enhanced_partnership_in_peace_and_security.pdf) per regolare la loro cooperazione nel campo della pace e della sicurezza.

Un fattore importante della cooperazione ONU-UA è costituito poi dalla presenza in 25 Paesi africani di “Country teams with peace and development advisers” dell’ONU, nonché di diversi Uffici Regionali ed Inviati Speciali ONU (spesso affiancati da omologhi UA e/o delle Organizzazioni Regiuonali Africane – RECs), come per esempio quello per la Regione dei Grandi Laghi e quello per il Corno d’Africa. In Africa operano inoltre 9 missioni di pace ONU: MINUSCA (Rep. Centrafricana – https://peacekeeping.un.org/en/mission/minusca), MONUSCO (Rep. Democratica del Congo – https://monusco.unmissions.org/en), UNSMIL (Libia – https://unsmil.unmissions.org/), MINUSMA (Mali – https://peacekeeping.un.org/en/mission/minusma), UNSOM (Somalia – https://unsom.unmissions.org/), UNAMID (Missione ibrida ONU-UA nella regione sudanese del Darfur – https://unamid.unmissions.org/), UNISFA (regione sudanese di Abyei – https://unisfa.unmissions.org/), UNMISS (South Sudan – https://unmiss.unmissions.org/) e MINURSO (Sahara Occidentale – https://minurso.unmissions.org/). Alcune di queste missioni ONU sono state precedute da operazioni di pace UA: è il caso di MINUSCA, MINUSMA e UNAMID. Inoltre, UNSOM collabora strettamente con AMISOM in Somalia.

Il rapporto ONU-UA resta però diseguale, sia perché l’UA è subordinata all’ONU per le questioni di pace e sicurezza, sia perché l’UA dispone di scarse risorse finanziarie ed è sempre costretta a ricorrere all’aiuto dei Donatori Internazionali. Tra le due Organizzazioni si è stabilita di fatto una divisione del lavoro che vede il Consiglio Pace e Sicurezza (PSC) UA condurre la prevenzione dei conflitti e la gestione diplomatica delle crisi, mentre il CdS ONU sostiene l’attenzione internazionale su di esse, esercita la pressione politica sulle Parti in conflitto e, quando occorre, arriva a dispiegare operazioni di pace. Nonostante questa diseguaglianza, le due Organizzazioni hanno finora collaborato proficuamente; gli unici contrasti si sono forse registrati riguardo alla crisi libica, dove l’UA rivendica il carattere prettamente “africano” di tale crisi e si è ripetutamente candidata, finora con scarso successo, ad assumere un ruolo-guida nella sua risoluzione; in particolare, l’UA da tempo propone di organizzare ad Addis Abeba una Conferenza ONU-UA di riconciliazione nazionale sulla Libia. Anche per ridurre tale diseguaglianza, al Vertice straordinario di Kigali (marzo 2018) l’UA ha proposto che il suo Fondo per la Pace, con il quale essa aspira a finanziare le sue operazioni di sostegno alla pace nel continente, sia finanziato per il 25% dai suoi Paesi membri (mediante l’imposizione di una dazio dello 0,2% sulle importazioni da Paesi non-africani) e per il restante 75% dall’ONU. Tale proposta ha ricevuto il sostegno del SG ONU Guterres e dell’UE ma finora ha incontrato l’opposizione degli USA, principale contribuente dell’ONU e delle sue operazioni di pace.

 

[1] Il suo predecessore era la Signora Saleh-Work Zwede, eletta nel 2018 Presidente dell’Etiopia.

 

La posizione comune africana riguardo alla riforma del CdS ONU (Ezulwini Consensus)

L’attuale CdS è composto da 5 membri permanenti con diritto di veto (Cina, Francia, Regno Unito, Russia, USA) e 10 membri non permanenti, eletti dall’Assemblea Generale con mandato biennale non immediatamente rinnovabile. In base alla Carta dell’ONU (artt. 108-109), qualsiasi sua modifica deve ottenere non meno dei 2/3 dei voti favorevoli degli Stati Membri, ivi compresi i 5 membri permanenti, e la loro ratifica sul piano interno. A partire dai primi anni ’90 dello scorso secolo, Germania e Giappone hanno proposto di allargare la categoria dei membri permanenti e sono state successivamente affiancate da Brasile ed India; questi 4 Paesi (comunemente indicati con la sigla G4) aspirano a diventare i nuovi membri permanenti del CdS ma loro aspirazioni sono contrastate dal Gruppo “Uniting for Consensus” (UfC – Argentina, Canada, Colombia, Corea del Sud, Costa Rica, Italia, Malta, Messico, Pakistan, San Marino, Spagna, Turchia, più, come osservatori, Cina e Indonesia), nel quale l’Italia riveste il ruolo di “Focal Point”. La riforma del CdS è dibattuta nel Negoziato Inter-Governativo (IGN), che si protrae a New York dal 2009.

L’Africa attualmente dispone di 3 seggi non-permanenti ed è l’unico continente a non avere seggi permanenti nel CdS. Per sanare quella che il continente vede come un’ingiustizia, nel 2005 i Paesi africani hanno adottato una posizione comune riguardo alla riforma del CdS in occasione di una riunione tenutasi a Ezulwini, nell’allora Swaziland (oggi Eswatini). Tale posizione comune, nota come “Ezulwini Consensus”, fu poi ratificata alla riunione straordinaria dell’Executive Council UA del marzo 2005 ad Addis Abeba. Essa richiede che i 3 seggi di cui dispone ora l’Africa al CdS siano aumentati a 7, di cui 2 dovranno essere permanenti e con diritto di veto. Riguardo al veto, l’UA ha chiarito in varie occasioni di essere favorevole alla sua abolizione ma, finché tale diritto esiste, anche i futuri membri permanenti africani ne devono disporre per non essere inferiori agli altri. L’Ezulwini Consensus prevede che i Paesi africani che ricopriranno i futuri 2 seggi permanenti siano designati dall’UA e questo provoca un’ambiguità di interpretazione perché non è chiaro se i 2 Paesi africani designati dall’UA occuperanno permanentemente tale posizione (interpretazione data da Nigeria e Sud Africa, che aspirano a ricoprirli e che a tale scopo si coordinano con il G4) oppure a rotazione (interpretazione che riscuote il favore di altri Paesi africani – come Algeria, Egitto e Kenya – che così potrebbero aspirare a diventare anche loro membri permanenti). La seconda interpretazione ha molti punti in comune con la posizione UfC che auspica la creazione di una nuova categoria di seggi a lunga durata, cioè con mandato superiore a due anni ed immediatamente rieleggibili. Il Gruppo UfC propone infatti un CdS a 26 seggi, tramite l’aggiunta di 9 nuovi seggi a “lungo termine”, assegnati ai Gruppi regionali ONU (3 Africa; 3 Asia-Pacifico; 2 GRULAC; 1 WEOG) e due ulteriori seggi biennali (1 EEG; 1 a rotazione riservato a Stati Piccoli e SIDS[2]). La rielezione immediata è intesa andare incontro a quei Paesi che aspirano ad un seggio permanente (come i G4), garantendo loro periodi di servizio più lunghi in CdS, consentendo allo stesso tempo una maggiore possibilità di accesso al Consiglio a tutti i 193 Stati membri dell’ONU. A tale formula di UfC guardano con crescente interesse anche alcuni membri permanenti, quali la Cina e la Russia.

In ambito UA, l’aggiornamento della posizione comune africana sulla riforma del CdS ONU è demandata al gruppo dei Ministri degli Esteri di 10 Paesi (C10), attualmente presieduto dalla Sierra Leone e di cui fanno parte Algeria, Congo Brazzaville, Guinea Equatoriale, Kenya, Libia, Namibia, Sierra Leone,Senegal, Uganda e Zambia. Il C10 si riunisce regolarmente poco prima dei Vertici UA (l’ultima sua riunione si è tenuta a Dakar il 12-13 gennaio 2020) e sottopone poi le sue conclusioni all’approvazione del Vertice UA (l’ultima volta, a quello di Addis Abeba del 9-10 febbraio 2020). Finora, le conclusioni del C10 non hanno fatto altro che ribadire, in sostanza, la posizione comune africana dell’Ezulwini Consensus.

 

[2]   GRULAC: Gruppo dei 33 Paesi di America Latina e Caraibi

WEOG: Gruppo dei 28 Paesi occidentali e alleati.

EEG: Gruppo dei 23 Paesi dell’Europa dell’Est

Stati Piccoli: Paesi con popolazione inferiore a 1 milione

SIDS “Small Island and Developing States” (Piccoli Stati Insulari in Via di Sviluppo)

 

La Commissione Economica per l’Africa delle Nazioni Unite (UNECA – https://www.uneca.org/ )

L’UNECA è una delle 5 commissioni regionali del Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) dell’ONU, di cui è il braccio operativo in Africa. Istituita nel 1958, ha sede in un compound al centro di Addis Abeba dove si trovano anche l’ufficio del Rappresentante Speciale del SG ONU presso l’UA (vedi sopra, cap. 1) e molte delle Agenzie Specializzate ONU (vedi elenco sotto), di cui l’UNECA ha il compito di coordinare l’azione. È guidata da un Under Secretary General and Executive Secretary – carica ricoperta dal 2017 dalla Prof.ssa Vera Songwe (Camerun – https://www.uneca.org/pages/biography) – e il suo mandato è quello di sostenere lo sviluppo economico e sociale dei 54 Paesi membri (tutti i Paesi dell’Africa), promuovere l’integrazione regionale e la cooperazione internazionale per lo sviluppo dell’Africa.

A partire dal 1999, l’UNECA organizza riunioni consultive di coordinamento delle Agenzie ONU per le 5 regioni in cui è suddivisa l’Africa (Regional Coordination Mechanism for Africa), che sono presiedute dal Vice Segretario Generale ONU. A seguito della ristrutturazione del 2019, essa ha ora 3 funzioni principali (core functions):

  1. Think Tank. L’UNECA compie studi analitici sui vari aspetti economici, politici e sociali del continente, che sono spesso accompagnati da raccomandazioni ai Paesi membri circa le scelte politiche piu’ opportune da adottare;
  2. Convening. L’UNECA convoca e gestisce le riunioni del Meccanismo di Coordinamento Regionale per l’Africa citato sopra;
  3. Operativa. L’UNECA fornisce consigli sulle politiche piu’ appropriate da seguire ai Paesi membri, alle organizzazioni Regionali Africane (RECs) e, soprattutto, all’Unione Africana riguardo ai bisogni del continente e all’emergere di sfide globali.

 

Il lavoro dell’UNECA si articola su 7 gruppi (clusters) di programmi:

  1. politiche macroeconomiche e governance;
  2. commercio ed integrazione regionale;
  3. finanza e sviluppo del settore privato;
  4. dati e statistiche;
  5. tecnologia, cambiamento climatico e gestione delle risorse naturali;
  6. povertà, diseguaglianza e politica sociale (che comprende anche il “Center for Gender Equality and the Empowerment of Women”);
  7. Sviluppo e pianificazione economica.

Per maggiori dettagli, vedi: https://www.uneca.org/pages/our-work.

 

L’UNECA dispone di 5 uffici regionali:

Per lo sviluppo delle risorse umane, essa si avvale di un ente di sostegno, l’Institute of Economic Development and Planning (IDEP – https://www.uneca.org/idep/), operativo dal 1963 e basato a Dakar (Senegal).

La cooperazione tra UNECA e UA è assicurata tramite un Segretariato Congiunto (Joint Secretariat Support Office – JSSO), che si occupa anche della cooperazione con la Banca di Sviluppo Africana (AfDB). Inoltre, l’UNECA tiene una riunione annuale con la Conferenza dei Ministri delle Finanze UA.

Come detto prima, l’UNECA assicura infine il coordinamento dell’azione delle numerose Agenzie ONU operanti in Africa. Quelle presenti ad Addis Abeba (tutte competenti sia per l’Etiopia che per l’UA) sono: